Gli Antichi Organi in Sicilia

La Sicilia vanta un notevole patrimonio di organi storici il quale, allo stato attuale, è stimabile in un migliaio di unità costruite tra la fine del sec. XVI e gli inizi del Novecento, di cui solo una parte risulta restaurata e quindi funzionante.

Da circa dieci anni il patrimonio organario è oggetto di studio da parte di esperti del settore e da questi studi è emersa l’attività di un notevole numero di organari siciliani, attivi in tutta l’isola tra il Seicento e l’Ottocento, fra cui è opportuno ricordare alcune generazioni di organari appartenenti alla “scuola palermitana”: i La Valle, gli Andronico, gli Speradeo, i Sutera, i La Manna, i Di Paola ed i La Grassa, Pasquale Pergola ed altri artigiani attivi soprattutto nella Sicilia orientale: i Romano, Carlo e Paolo Grimaldi, Annibale Lo Bianco, Donato del Piano, Giorgio Giunta, Basilio Alfano, i Platania. Infine nella seconda metà del XIX secolo si rileva l’importante presenza dell’organaria lombarda che si diffonde ad opera dei Serassi, di Pacifico Inzoli, di Alessandro Giudici, di Casimiro Allieri e del suo continuatore, il siciliano Michele Polizzi.

Gli organi storici siciliani, pur appartenendo a pieno titolo alla scuola organaria italiana, si differenziano da quelli esistenti nel resto della penisola per l’uso pressoché costante del somiere a tiro, per la conformazione della pedaliera appena sporgente ed imperniata all’interno della cassa denominata  “pedaliera alla siciliana”, per le canne lignee della pedaliera sul retro, fuori cassa e, in generale, per un sistema costruttivo conservatore. Evidenti arcaismi sono la conformazione delle casse a svasare in corrispondenza della tavola di riduzione e la conformazione a file solidali del Ripieno, caratteristica quest’ultima che si riscontra solo negli organi della Sicilia occidentale. Complessivamente gli organi siciliani costruiti prima del XIX secolo si costituiscono come un mondo a sé stante; si segnala, però, una significativa presenza di organi costruiti da artigiani di scuola napoletana nelle Isole Eolie.

Nel XIX secolo cambiò l’atteggiamento degli organari siciliani e si cercarono vie nuove, originali e per certi versi impressionanti: si arrivò alla costruzione di organi molto grandi, con cinque o sette tastiere distribuite in tre consolles indipendenti: citiamo l’organo di San Nicolò l’Arena a Catania costruito da Donato Del Piano (7 tastiere) e gli organi costruiti da Francesco La Grassa nell’abbazia benedettina di San Martino delle Scale (Palermo) e nella chiesa di San Pietro a Trapani (rispettivamente 5 e 7 tastiere). Purtroppo l’organo di San Martino è stato modificato mentre gli altri due sono in restauro. La presenza dei Serassi nella Sicilia sudorientale nella secondo metà del XIX secolo è stato un ulteriore stimolo per lo sviluppo dell’arte organaria in Sicilia.

L’opera di recupero degli organi siciliani, iniziata circa quindici anni fa grazie ad una legge della Regione Siciliana all’avanguardia rispetto alla normativa nazionale,  è tutt’altro che completa specialmente per gli strumenti ottocenteschi mentre il patrimonio sei e settecentesco sta ritornando a risuonare nelle navate delle chiese siciliane in tutto il suo splendore.

 

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CASTELBUONO
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COLLESANO
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ENNA
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GAGLIANO CASTELFERRATO
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GIBILMANNA
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NICOSIA
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PIAZZA ARMERINA
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REGALBUTO